Caldi e morbidi

Un favola, per bambini e adulti, per comprendere l’importanza dello scambio per nutrire relazioni amorevoli e vivere felicemente.

C'era una volta, molto, molto tempo fa una coppia di persone felici, che si chiamavano Teo e Marta. Per comprendere quanto fossero felici dovete capire come andavano le cose a quei tempi. Vedete, in quei giorni ogni persona, grande o piccino, aveva con sé un sacchetto di caldi e morbidi, e quando s'incontravano se li scambiavano. I caldi e morbidi erano cosine piccole come il pugno chiuso di un neonato, di colore verde e avevano una proprietà: quando se ne riceveva uno, ci si sentiva  caldi e morbidi. Le persone erano soddisfatte della vita che conducevano e godevano di ottima salute. Tutti tranne lo stregone che viveva in cima alla montagna e si lamentava che nessuno andava da lui per comprare delle pozioni magiche.

Un giorno si travestì da persona per bene e scese al villaggio. Nel bosco incontrò Teo che spaccava la legna, si scambiarono un saluto, e chiese informazioni sulla vita del villaggio. Tutti stavano bene grazie ai caldi e morbidi e allora lo stregone fece un'osservazione: "Ma non avete mai pensato che possono finire?". Detto questo, se ne andò e Teo rimase in silenzio, perplesso perché questo dubbio non gli era mai venuto in mente. Riprese il suo lavoro e poi s'incamminò per tornare a casa.

Vide da lontano i suoi figli: giocavano in giardino con i figli del vicino e si scambiavano i caldi e morbidi. E gli tornarono in mente le parole dello stregone. Dopo cena, quando i piccoli già dormivano, Teo e Marta si ritirarono nella loro stanza e iniziarono a scambiarsi i loro caldi e morbidi. Ricordandosi nuovamente delle parole dell’uomo incontrato nel bosco, Teo ne parlò a Marta e insieme concertarono di parlare ai bambini l'indomani. Immaginatevi lo stupore dei bambini quando si sentirono dire: "Bambini, da questo momento in poi, fate attenzione ai caldi e morbidi, perché possono finire!". Ma si sa, come tutti i bambini, continuarono a farlo di nascosto dei grandi.

La voce si sparse nel villaggio, di porta in porta, e tutti, tranne i più piccini, cominciarono a essere avari di caldi e morbidi, fino al giorno in cui, per la prima volta, un abitante cominciò a sentirsi male, poi un altro ancora e ancora un altro; anche i bambini iniziarono ad ammalarsi e un uomo morì. La gente del villaggio, seriamente preoccupata, si rivolse allo stregone per le sue pozioni magiche e lui che li aspettava da tempo, diede loro i freddi e ruvidi. Come del tutto simili ai caldi e morbidi, erano differenti per il colore, arancione, e quando venivano dati a una persona la facevano sentire tutta fredda e ruvida, ma non moriva.

La gente del villaggio imparò così a scambiarsi pochi caldi e morbidi sempre con la paura di vederli finire e tanti freddi e ruvidi per non morire. Le notizie si sparsero per la vallata e così un bel giorno arrivò al villaggio un mercante: vendeva caldi e morbidi di plastica, del tutto simili a quelli autentici, per forma e colore, solo che quando venivano dati ad una persona, non la facevano sentire né bene né male. I saggi del villaggio si riunirono e stabilirono leggi con le quali indicavano le regole per lo scambio dei freddi e ruvidi e dei caldi e morbidi, di plastica e autentici.

Un giorno, una bellissima signora sorridente e dai fianchi larghi scese dal vento e si rivolse ai bambini: "Siete pallidi e malaticci. Cosa vi succede?”. I piccoli le raccontarono tutto l'accaduto e allora la fata, perché era proprio una fata, prima di andarsene li rassicurò: "Bambini, la verità è che i caldi e morbidi, quelli autentici, non finiscono mai. Più ne dai, più il sacchetto che hai con te ne è pieno."

Non si sa esattamente come andarono a finire le cose al villaggio di Teo e Marta. Se vinsero i grandi con le loro paure e le loro leggi, o i bambini che naturalmente sapevano la verità.

Nel 1969 Claude Steiner, psicologo analista transazionale, scrive la favola dei Caldi e morbidi che fa comprendere uno dei concetti centrali e più affascinati dell'Analisi Transazionale, le carezze.

In Analisi Transizionale, si parla di carezza come di un gesto, un’unità, di riconoscimento, un segno del fatto che esistiamo e che l'altro esiste per noi. Una carezza può essere il semplice Buongiorno che ci scambiamo con il vicino di casa, fino ovviamente a scambi più intensi.  Il nostro essere animali sociali fa sì che il contatto con l’altro sia parte fondante della nostra identità e nutrimento in ogni fase della vita, attraverso la ricerca di carezze. Questo bisogno è talmente vitale che, entro certi limiti, in mancanza di una stimolazione, anche una sensazione spiacevole è preferibile alla totale assenza di riconoscimento. È cio che ci fa stare in una relazione tossica, che ci fa agire da adolescenti ribelli. L’importante è essere visti.

Il modo con cui negli anni dello sviluppo riceviamo tali riconoscimenti, determina l’immagine di sé e la struttura caratteriale che la sostiene. Determinerà come ci relazioniamo, come proviamo piacere, come diamo e come recepiamo le carezze.

Nel tempo,limitiamo lo scambio di carezze, come Steiner spiega nel suo libro “L’economia delle carezze”. 

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